Il saluto del "black power" alle Olimpiadi del '68
Tutte le edizioni dei Giochi olimpici vengono ricordate per qualcosa di straordinario o memorabile. Tuttavia, ciò che è accaduto in Messico alle Olimpiadi nel 1968 è impossibile da dimenticare. Infatti, quell’anno sul podio è avvenuto un fatto storico noto come il saluto del “black power”. Di cosa stiamo parlando? Continuate a leggere per scoprirlo.
Le controverse Olimpiadi del 1968 in Messico
Prima di parlare del saluto del potere nero, vale la pena mettere in evidenza il contesto storico in cui si svolsero i Giochi Olimpici del 1968 in Messico. Innanzitutto, la scelta della sede era stata piuttosto, a causa della posizione geografica scomoda di Città del Messico, che si trova più di duemila metri sopra il livello del mare.
Inoltre, il Comitato Olimpico Internazionale aveva invitato il Sudafrica a includere atleti di tutte le etnie nella squadra partecipante, ma le politiche dell’apartheid vigenti allora lo proibivano. Il Sudafrica reagì minacciando di boicottare i Giochi Olimpici, per cui venne escluso e quell’anno non potè partecipare.
Come se tutto ciò non bastasse, in Messico l’atmosfera politica era complicata a causa delle rivolte del movimento studentesco locale. Come stava accadendo un po’ dappertutto, i gruppi di giovani sostenitori della rivoluzione avevano intenzione di smascherare il governo durante i Giochi. Si scongiurò questo tentativo di boicottaggio in seguito.
Il saluto del “black power”
Dopo aver superato questa serie di ostacoli, il Messico riuscì ad inaugurare le XIX Olimpiadi estive il 12 ottobre 1968. Quattro giorni dopo, il mondo intero avrebbero assistito a una protesta pacifica che nessuno potrà mai dimenticare. Infatti, quell’anno vennero battuti diversi record mondiali, tuttavia nessuno se ne ricorderà.
Alla fine della gara dei 200 metri, quando i vincitori delle medaglie d’oro e di bronzo, gli afroamericani Tommie Smith e John Carlos e la medaglia d’argento Peter Norman salirono sul podio, i due atleti di colore fecero il saluto del “black power” in segno di protesta per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti davanti a milioni di persone.
Perché questo gesto?
Entrambi gli atleti, Smith e Carlos, erano di origine afroamericana. Decisero di fare il saluto del “black power” durante l’inno nazionale degli USA: abbassarono la testa, chiusero gli occhi e alzarono i pugni avvolti in guanti neri, che rappresentavano la povertà della loro gente.
Inoltre, Smith indossava una sciarpa nera sul collo, che rappresenta l’orgoglio della sua etnia. Carlos, nel frattempo, mostrò la giacca della tuta sbottonata in solidarietà con i lavoratori del suo paese e una collana di perle, che nelle sue parole: “era per le persone uccise, linciate o impiccate che non avevano ricevuto una preghiera”.
Alla loro protesta si unì discretamente anche l’atleta che arrivò secondo, la medaglia d’argento dell’australiano Norman, che indossò una spilla dell’OPHR. Inoltre Norman suggerì che gli atleti americani condividessero il paio di guanti neri di Smith, dal momento che Carlos aveva dimenticato il suo nel camerino.
Questo gesto ebbe un’eco fortissima e presto l’immagine del saluto del “black power” divenne la copertina dei giornali di tutto il mondo. Tuttavia, al momento della premiazione, gli spettatori presenti reagirono con fischi.
Smith successivamente rilasciò una dichiarazione in cui spiegava i suoi motivi: “Se vinco, sono americano, non afroamericano. Ma se faccio qualcosa di sbagliato, sono un uomo di colore. Siamo neri e ne siamo orgogliosi. L’America nera capirà cosa abbiamo fatto oggi. ”
Le ripercussioni del saluto del”black power”
Naturalmente, non solo i media internazionali parlarono di ciò che era successo durante i Giochi Olimpici. In seno alle Olimpiadi, l’allora presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Avery Brundage, considerò il gesto inaccettabile nell’ambito dei Giochi e dello spirito olimpico.
Brundage chiese agli organizzatori di espellere Smith e Carlos, tuttavia questi si rifiutarono ed attribuirono agli atleti afroamericani lo status di “ospiti d’onore”.
Entrambi gli atleti vennero aspramente criticati nel loro paese e condannati all’ostracismo. Furono persino minacciati di morte. Ma questo non li ha fermati: hanno continuato con le loro carriere atletiche e dopo la pensione sono passati al football americano.
Per quanto riguarda l’australiano Norman, anche lui venne aspramente rimproverato dalle autorità olimpiche al suo ritorno nel suo paese, nonché emarginato dai media locali e non scelto per i Giochi di Monaco del 1972. Dopo un brutto infortunio e l’amputazione della gamba destra, cadde nella depressione e nell’alcolismo. Quando morì di infarto, Smith e Carlos portarono la bara al suo funerale.
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- Smith, M. M. (2011). The “revolt of the black athlete”: Tommie Smith and John Carlos’s 1968 black power salute reconsidered. In Myths and Milestones in the History of Sport. https://doi.org/10.1057/9780230320819
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